Il 17 Maggio 2017 si è tenuto il premio intitolato a Carla Arioli, insegnante di Storia e Filosofia del nostro Liceo prematuramente scomparsa l’anno scorso. Per Carla la scuola e l’istruzione dei giovani rappresentavano uno strumento fondamentale per il progresso e il miglioramento della società.
Per proseguire questa missione, la famiglia di Carla e il Liceo hanno deciso di istituire un concorso in sua memoria, finalizzato a stimolare nei giovani l’approfondimento e la formazione di una coscienza critica su tematiche sociali, politiche e d’attualità.
Il Consiglio Scientifico ha attribuito un premio economico agli studenti che hanno prodotto i migliori elaborati fra quelli che hanno partecipato al bando dell’anno in corso.
I vincitori del concorso sono:
- Lorenzo Miccoli, della classe V B.
- Filippo Spada, della classe IV M.
- Daniele Coppo, della classe V A.
La giuria ha inoltre deciso di assegnare una menzione di merito all’elaborato di Sara Tonoli, della classe III B per lo stile originale e la creatività nella scrittura.
Vi proponiamo gli elaborati di Lorenzo, vincitore del primo premio, di Filippo e di Sara.
All’inizio sembrò uno scherzo di cattivo gusto.
I giornali riportavano: ‘’ Donald Trump candidato alle presidenziali degli Stati Uniti”.
Un anziano miliardario che con la politica non aveva mai avuto nulla a che fare. Conosciuto dai più soltanto come proprietario di un grattacielo a New York o per le sue comparse in film come ‘’Mamma, mi sono smarrito a New York’’ e in trasmissioni WWE. Probabilmente la maggior parte della gente passò sopra la notizia con indifferenza, quasi scordandola il giorno dopo averla letta.
Il problema fu che da quel momento Trump diventò una presenza fissa su ogni organo di informazione. I suoi comizi erano fatti di posizioni razziste e populiste, promesse impossibili da mantenere e l’intenzione di costruire un muro tra Messico e Stati Uniti per fermare l’immigrazione. Tutto ciò sembrava al limite dell’inverosimile e fu proprio per questo che i maggiori giornali e telegiornali ci si buttarono a capofitto, trasformando un uomo sconosciuto ai più in una delle persone più famose della Terra.
Nonostante tutto però il mondo rimaneva scettico. Il buon senso portava a pensare che non poteva succedere per davvero. In fondo a tutto doveva esserci un limite. Eppure la mattina di un giorno di Novembre del 2016 i titoli dei telegiornali in Tv riportavano: ‘’Trump eletto presidente degli Stati Uniti d’America’’. Nella storia questo avvenimento probabilmente verrà ricordato come l’inizio del rafforzamento dei partiti estremisti di stampo nazionalista e protezionista in tutti i paesi occidentali. Da quel momento in Europa si cominciò a sentir parlare sempre più spesso dell’aumento del consenso di partiti come il Fronte Nazionale in Francia, l’Alternative fur Deutschland in Germania, addirittura di un partito considerato da alcuni filonazista in Svezia. La vittoria di Trump fu il primo campanello d’allarme che nella società era ed è già da qualche anno in corso un cambiamento molto importante.
Nonostante la complessità dell’avvenimento molti stanno cercando di individuare le cause di quanto sta avvenendo. Tra le tante ipotesi la più accreditata è quella di natura economica. Mesi prima della votazione in America, Mark Blyth ne aveva previsto il risultato contro il parere di tutti. Egli è un docente universitario e economista, i cui discorsi sono reperibili su Internet, che individua nel fenomeno dell’ascesa delle destre estremiste nell’occidente, a cui dà il nome di ‘’Trumpismo’’ il risultato del progressivo aumento del dislivello economico tra i ceti medio-bassi e ceti più alti. Le persone appartenenti al primo gruppo hanno visto nell’ultimo ventennio un peggioramento delle proprie condizioni di vita a causa della crisi economica. Ciò ha portato a una progressiva perdita di fiducia nei principali partiti e figure politiche che si sono alternate negli ultimi anni e che non hanno apportato alcun miglioramento. Per dirlo in termini più appropriati si è verificato un totale rifiuto dell’ ‘’establishment’’ , rendendo possibile la vittoria di un ‘outsider’ della scena politica come Trump o l’aumento di consensi a partiti contrari al ‘ politicamente corretto’’. Non a caso la gran parte degli elettori del neo-presidente americano non appartiene alle grandi città, ma alle zone rurali e ai piccoli centri urbani, dove la crisi ha colpito più duramente e gli abitanti vedono i politici in modo sempre più distaccato e inclini a fare gli interessi di chi abita nelle grandi metropoli. Partendo da quest’ultimo dato, in molti si sono convinti che l’ignoranza dei ceti più bassi fosse l’altra grande causa degli avvenimenti odierni. Ciò è in parte vero, poiché molte delle affermazioni dei partiti estremisti puntano più alla ‘’pancia’’ degli elettori, dicendo loro ciò che vogliono sentire, piuttosto che dati reali, oltre a sfruttare sentimenti razzisti e nazionalisti che in Europa stanno aumentando a causa dei flussi migratori dall’Africa e dai paesi in guerra come la Siria. Non ci si stupisce quindi che molti degli argomenti portati dai diversi candidati di questi partiti non passino il test del ‘’ Fact–checking’’. Ne sono esempi lampanti i comizi di Trump.
Il vero problema però non sta nell’ignoranza in sé, che porta a mettere in secondo piano il dato economico, quanto nel modo di combatterla e nella mancanza di comunicazione. Informare nel mondo odierno è diventato sempre più complicato. Le persone, oltre che nei politici, hanno perso fiducia anche in giornali e telegiornali, puntando più su strumenti come Internet e i social, in cui però è molto difficile orientarsi e distinguere le notizie vere da quelle false. Inoltre, si è diffusa l’incapacità di dialogare sia tra politici e società che tra gli individui. L’atteggiamento di rigetto verso persone che hanno valori e idee completamente diversi dai nostri è uno dei problemi da superare. Ciò è dimostrato dal fatto che chiedendo a un americano qualsiasi che ha votato Clinton, cosa ne pensa degli elettori di Trump, nella maggior parte dei casi la risposta sarà il bollare questi ultimi come razzisti e ignoranti. Quest’atteggiamento impedisce di comprendere fino in fondo perché i partiti di destra estremista crescano di consenso e di trovare una soluzione.
In Europa l’estremismo è un pericolo che ancora non ha preso il sopravvento. La sconfitta di Marine Le Pen è il segnale che c’è ancora tempo di imparare dai propri errori. E’ giusto però parlare di pericolo? Le conseguenze della presa di potere di partiti radicali possono essere diverse, ma la storia ci insegna che quando si parla di nazionalismo ed estremismo, di solito non si va incontro a nulla di positivo. Non si fa molta fatica a trovare dei parallelismi tra situazione economica e politica odierna e quella degli anni Venti del ventesimo secolo in Europa, dove la crisi economica e la seguente perdita di fiducia nella popolazione verso le forze politiche avevano permesso l’affermarsi del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. Una conseguenza certa però sarebbe la fine dell’Unione Europea, vista dai partiti estremisti come un giogo da cui liberarsi, sulla scia del referendum avvenuto in Gran Bretagna, dove la popolazione inglese ha votato a favore dell’uscita dall’Unione. Ciò potrebbe potenzialmente portare a problemi sia economici sia a livello politico, visto che solo nel secolo scorso un Europa divisa ha portato allo scoppio di due guerre mondiali. Per combattere questa eventualità ogni paese dell’Unione ha il dovere di impegnarsi nel risolvere i problemi che causano l’aumento di consenso verso i partiti estremisti, cercando di riallacciare un dialogo con le fasce di popolazione più in difficoltà, restaurando la fiducia nell’Europa e lavorando sulla diffusione dell’informazione che Internet ha reso per certi versi più semplice e per certi versi più complicata.
Lorenzo Miccoli
Le Nuove Destre
Chiunque abbia accesso a strumenti di informazione (internet, telegiornali o quotidiani), o semplicemente sia dotato di una discreta capacità di osservazione, è a conoscenza della recente nascita, che ha interessato soprattutto gli ultimi cinque anni, di movimenti e partiti di stampo nazionalista e protezionista.
Queste correnti di pensiero, che si sono sviluppate per lo più in Europa e negli Stati Uniti (quindi in occidente) propongono politiche basate su una massiccia e centrale presenza dello stato e su una chiusura economico-sociale, appunto protezionista, delle nazioni. Per questo motivo, le cosiddette “nuove destre” attuano una propaganda che fa leva sul sentimento patriottico, il privilegio del cittadino, l’importanza della cultura natia e dell’istituzione familiare e soprattutto sulla “sicurezza”; una propaganda che, progressivamente sta ingolosendo e coinvolgendo fasce sempre più ampie di popolazione.
Alla luce di queste osservazioni, occorre, se si vogliono indagare le cause di un così ampio consenso popolare a tali partiti, specificare che questo, prima di essere un fenomeno politico è un fenomeno sociale. Ciò è, per esempio, evidente se si abita in periferia o comunque in zone in cui risiede quella parte di popolazione più eterogenea e più povera, che rappresenta la maggioranza dell’elettorato attivo.
Queste zone ospitano oltre che famiglie italiane (di estrazione sociale medio-bassa), anche un discreto numero di persone e di nuclei familiari provenienti da altri paesi, tendenzialmente dall’Africa, dalla Cina e dal Medio Oriente.
Naturalmente anche questi sono per lo più appartenenti alla componente “povera” della popolazione.
Troviamo, quindi, una situazione in cui viene a crearsi una convivenza di diverse e disparate culture, accumunate da una stessa caratteristica, la povertà.
Questo, a parer mio, è la “benzina” delle famose nuove destre: infatti, quando c’è povertà, si genera automaticamente disillusione politica ed ostilità. Ciò di cui la gente sente il bisogno è un’entità (preferibilmente fisica e palpabile) a cui attribuire la colpa della propria difficoltà e miseria e questo è esattamente ciò che i partiti nazionalisti forniscono all’elettorato: un nemico.
Quale nemico? Quale miglior nemico del mio stesso vicino di casa, che viene da un altro stato, che ho visto personalmente insediarsi vicino a me e che, come me, fatica a sopravvivere?
Ora so che è lui il nemico, so con chi prendermela, so come risolvere i miei problemi e mi sento sicuro. Ed è proprio questo il segreto del successo di un fantomatico Salvini.
Se si guardano i fatti storici, si può facilmente evincere che il successo dei movimenti nazional-socialisti, durante il primo ‘900, fosse imputabile ad un analogo spaccato sociale.
Trovo, però, che concentrarsi su un parallelismo col nazifascismo possa significare commettere un errore: com’è ovvio, l’informatizzazione mediatica e soprattutto la globalizzazione culturale ed economica, hanno cambiato completamente la nostra (e con nostra non parlo solamente degli italiani, ma mi riferisco a tutto il mondo occidentalizzato) identità nazionale, in modo tale che, a mio avviso, un fenomeno di nazionalismo così forte, sarebbe piuttosto improbabile.
Sostengo, piuttosto, che le conseguenze di un’ipotetica vittoria generalizzata e diffusa di queste nuove destre potrebbero essere principalmente due. Nel primo caso, la peggiore delle ipotesi, prevedo una serie di conflitti armati (che potrebbero, per esempio, nascere con il totale smantellamento dell’UE) con i quali si rischierebbe di appiccare il fuoco di una terza guerra mondiale. Mi riferisco, soprattutto, all’episodio, avvenuto recentemente, del bombardamento americano (totalmente ingiustificato ed illegittimo) in suolo siriano e alla conseguente tensione nata con Putin, alleato di Assad. La Siria è un territorio che da sempre è conteso dalle più grandi potenze mondiali; di conseguenza, vedo questo focolare come possibile incendio in potenza, nel caso in cui organizzazioni come l’UE o l’ONU venissero smantellate e si creassero alleanze pericolose (gli ipotetici stati nazionalisti) prive di mediazioni super partes.
D’altra parte, prevedo, però, che a livello interno, nelle nazioni governate dalle nuove destre, si creerebbe l’esigenza di movimenti d’opposizione più seri e più popolari.
La domanda che sostengo vada posta è: vogliamo veramente aspettare che vincano o vogliamo fare prevenzione ed evitare la vittoria di questi partiti?
Trovo che l’UE, in qualità di organizzazione che ritengo importante, dovrebbe mobilitarsi ed essersi già mobilitata per scoraggiare i fenomeni nazionalisti.
Il metodo ed il canale attraverso il quale fare ciò è la creazione di partiti di sinistra che non vengano più percepiti come distanti e metafisici. Paradossalmente, infatti, una gran parate dell’elettorato dell’ ex P.C.I., attualmente vota Lega Nord.
Il mondo ha bisogno di partiti, di movimenti e di personaggi pubblici che propongano una politica sociale realmente equa, solidale ed inclusiva ed io trovo che questo non implichi necessariamente una rinuncia ad un’Europa Unita.
Filippo Spada
Premetto che non parlo nelle vesti di un’esperta di politica.
Mi considero ancora troppo poco informata a riguardo e trovo che fingere di esserlo sia scorretto da parte mia.
Parlo piuttosto nelle vesti di una cittadina media da poco affacciata al mondo, che nella sua ingenuità lo trova troppo grande e troppo piccolo allo stesso tempo.
Più che notizie, mi sembra che intorno a me arrivino solo veloci brusii.
Solleticano appena l’orecchio, nonostante si ripropongano frequentemente, senza dare il tempo o gli strumenti per comprenderli appieno.
Nel quadro generale sento parlare di crisi, di terrorismo, di guerra e di movimento frenetico in ambito politico, sia europeo che mondiale.
Sono eventi così vicini tanto che ci toccano ma in contemporanea così lontani da non poter essere visti con chiarezza.
Da una parte il Mediterraneo, dall’altra l’Adriatico: non so se siano queste distanze a unirci e dividerci di più o se lo è lo schermo di un televisore, di un computer, di un cellulare.
Così i brusii da stupore si trasformano in terrore. Un terrore cieco.
“Cosa sta succedendo? Cosa sta succedendo?”
“Dove?”
“Quando?”
Aristotele ha definito l’uomo come un animale sociale.
E’ curiosa questa sua duplice natura.
Costruiamo e strutturiamo il nostro mondo dalle fondamenta fino alla cima ma siamo nel profondo sempre animali.
La più complessa, sviluppata colonia di formiche sulla Terra, ma basta che si fiuti un soffio di paura, l’ombra di una foglia che sta per cadere nei pressi del formicaio e l’uomo corre a rifugiarsi nelle proprie tane.
Sono più o meno queste le dinamiche in cui siamo immersi oggi.
Abbiamo paura di questo orizzonte da cui potrebbe provenire qualsiasi minaccia e per sfuggire a questi nostri problemi senza volto, ci viene offerto di costruire muri.
I personaggi politici di stampo protezionista per guadagnare il favore dei cittadini si basano su questo, fanno leva su gli istinti più antichi, più oscuri, propongono la soluzione apparentemente più semplice: fuggire alla vista della paura. Fuggire da ciò che non ci deve riguardare.
Ci propongono di proteggerci da ogni possibile minaccia, come se fossimo ancora nel 1300, costretti a rifugiarci nei castelli per fuggire dalla peste.
“Hai paura che un messicano, un marocchino ti rubi il lavoro? Costruiamo un muro per impedirlo”.
“Hai paura che un ebreo sia una minaccia per la società? Costruiamo un muro intorno e se dovessero essere ancora un problema, chiudiamoli tutti in un campo di concentramento!”
Già sentito da qualche parte, vero?
La differenza è davvero minima.
Chissà cosa si dirà fra una cinquantina d’anni, se si parlerà di quel periodo storico in cui interi stati paralizzati dalla paura di un nemico invisibile si rinchiudevano su se stessi come un riccio, pronti a colpire chiunque si avvicinasse alla loro corazza.
“Altolà, chi va là? Mostrami la carta d’identità, anzi, no, basta sentire la lingua e vedere il colore della pelle”.
Ma l’uomo non è solo un animale. C’è molto di più in lui. C’è speranza.
Da quell’orizzonte può venire sia una minaccia, che una grande opportunità: quella di conoscere, di imparare.
Ancora oggi ripensando alla Seconda Guerra Mondiale, ci si chiede come sia possibile che certi personaggi siano saliti al potere.
La risposta è molto semplice. Sono stati votati.
Che ce ne rendiamo conto o no, siamo noi che diamo inizio a tutto. Noi, cittadini impauriti che vediamo il mondo troppo grande e troppo piccolo.
Come dicevo, non sono un’esperta di politica, non so quali manovre concrete dovrebbe mettere in atto l’Europa per contrastare questo fenomeno ma so di far parte di questa Europa, di questo mondo, come tutti noi.
Ed essendo tale, cerco di dare il mio contributo, per quanto piccolo, di combattere la paura, di capire, di non rinchiudermi in un guscio soffocante.
Perché è la mancanza di informazione la più grande arma della paura.
L’indifferenza il primo mattone di ogni muro.
Intanto del mondo c’è chi ancora non l’ha capito e come nella canzone di Levante “Non me ne frega niente” pensa: “Non me ne frega niente di niente, se rimango indifferente, il mondo crolla e non mi prende (…) la gente grida aiuto ed io, prego non capiti a me”.
Sara Tonoli